Abbiamo in mano uno smartphone.
Un dispositivo elettronico piccolo e leggero ormai diffuso ovunque. Ci si può pagare la spesa, comprare su Internet direttamente dalla tale industria o dal tale imprenditore, chiamare i vostri parenti emigrati in Australia e vedere sullo schermo come il loro viso è cambiato nel corso del tempo. Ma anche sapere quale è la strada più breve e meno trafficata per portare il figlio a karate, quale menù propone di giovedì il ristorante dove andrete a festeggiare il vostro compleanno stasera e altre migliaia di possibilità.
Possediamo un accesso ad una conoscenza illimitata che può permetterci di ottenere la risposta di (quasi) qualsiasi domanda mi venga in mente di porvi. Tutto questo piccolo universo racchiuso nelle vostre mani.
La tecnologia ha effettuato degli enormi passi avanti negli ultimi secoli.
Una crescita esponenziale che ha creato i vari smartphone, tablet, computer di nuova generazione, dispositivi diventati parte integrante della nostra vita da circa due decenni. Con essi i nostri compiti sono stati abbreviati e semplificati, accorciando i tempi di comunicazione e abbattendo le distanze.
Questi dispositivi hanno dato adito a numerose polemiche e discussioni, su quanto il loro utilizzo possa essere dannoso. Impoverimento intellettuale? Dipendenza dai giochi? Declino della società? Contaminazione dei giovani?
Forse il problema è un altro.
Probabilmente la causa non è evoluzione tecnologica che stiamo vivendo in questo secolo. Il problema è la paura.
La storia umana è costellata di scoperte che hanno cambiato il mondo, internet è forse una delle più potenti tra queste.
Non è mai stato facile affrontare cambiamenti del genere e il nostro passato lo insegna.
Non si è smesso di usare il fuoco anche se poteva bruciare, non si è smesso di usare la corrente elettrica anche si può rimanere feriti!
Internet è un po’ come queste altre scoperte: ha un enorme potenziale ma può comportare dei rischi. Essere vigili e monitorare lo sviluppo di queste novità, imporre dei limiti e valorizzando adeguatamente i nuovi orizzonti.
Se un ragazzo sedicenne viene investito da un autobus perché è sta guardando il cellulare mentre passeggia al centro di una metropoli, il problema non è il gioco, è la mancanza di educazione.
La responsabilità è solo nostra.
Non si può parlare di dipendenza se non si parla anche di prevenzione. La strada che ci conduce verso il futuro è un senso unico.
Il progresso continuerà e l’unico modo per riuscire a sfruttarlo a proprio vantaggio, sarà preparando la società ad accettarlo e a comprenderlo.