Uno stop obbligato che ci spinge a riflettere

Mi viene in mente una persona che va in autostrada ai 300 all’ora e in realtà non ha un problema, niente che non siano avvenimenti normali della vita. A un certo punto però prova paura per qualcosa e inizia a frenare. Frena e quella frenata è legata alla sua paura, al suo attacco di panico, al timore del cambiamento e così facendo rallenta tutto.

Non è sempre un male, a volte è anche un bene, ma spetta a noi cercare il bene in tutto ciò. Eravamo arrivati a dei livelli di attivazione, di corsa, infiniti. Nel momento della frenata ci si accorge di quanto si andava veloci, ci si rende conto della propria fragilità interiore, ci si rende conto che non si aveva consapevolezza di nulla, correva e basta.

Ci si rende conto di aver passato molto tempo della propria vita a costruire delle sicurezze, a proteggersi dal mondo perché reputava il mondo qualcosa di pericoloso e pensa di aver trovato qualcosa che lo rendesse immune al mondo esterno.

Sappiamo benissimo che questo non accade, il mondo esterno ci ha fatto riflettere che non siamo onnipotenti, che non siamo proprietari di nulla, e nemmeno di stampare denaro all’infinito.

E’ bastata un’influenza, sono bastate le nostre paure, per fermare tutto.

Un mondo basato sul denaro che non ha mai creato rapporti umani tra le persone, fiducia tra le persone. Tutto orientato a guadagnare di più per spendere di più. I valori umani, le motivazioni, i desideri, i rapporti umani e psicologici erano stati messi in disparte. Si era perso di vista l’essenziale, ciò che realmente conta tra le persone.

Penso che ci sarà una seconda fase di abitudine, dal momento che ci sono persone che lavorano sotto le bombe, non vedo perché non dobbiamo abituarci a questa condizione di cambiamento, di non conosciuto.

Qualche giorno fa ho visto la foto di un frate che era morto di lebbra tra i lebbrosi. Si era donato il mondo perché aveva compreso che si ama se stessi quando si ama qualcuno più di se stessi.

Penso sempre alle chiome degli alberi, mia nonna diceva che se le chiome sono troppo grandi i fiori sottostanti non crescono, c’è troppa ombra, allora ci pensa la natura, crea un temporale e distrugge tutti quegli alberi secolari immensi, non perché è cattiva ma perché vuole che la terra si rigeneri. E così, se faccio un’altra riflessione penso ai ragazzi di oggi che devono alzarsi e lavorare per dare valore a quei pezzi di carta, per reggere il sistema. Il potere è sempre stato in mano a poche persone. Non c’è altro modo di un’epidemia, una guerra, qualcosa che brucia, per dare inizio al cambiamento. Questa è una benedizione per le future generazioni, prima o poi doveva accadere, dei fiori sotto che spingevano e dei fiori sopra che non se ne volevano andare.

 

Fermarsi a riflettere ci aiuta spesso a leggere gli avvenimenti da un altro punto di vista. Letture che spesso la psicoterapia agevola e guida.

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